Il sensore Foveon X3 è un sensore di immagini CMOS per le fotocamere della Sigma.
Questo particolare tipo di sensore fotografico permette di catturare (per ogni pixel) in un unico fotosito la luce incidente e di produrre i segnali relativi alle tre componenti fondamentali della luce (Rosso – Verde – Blu “RGB”) in modo molto simile alle tradizionali pellicole a colori.
Questa tecnologia ha il vantaggio, rispetto alle altre (Matrice di Bayer ecc.), di non aver bisogni di elaborazioni digitali. Nei sensori a matrice, invece, c’è bisogno di una interpolazione cromatica anche ai fotositi adiacenti per ottenere un’immagine reale.
Parlando di risoluzione di immagine e quindi di MegapIxel dobbiamo aprire una parentesi. Come sempre io cerco la esemplificazione massima quindi lo faccio anche in questo caso. I sensori a Matrice sono composti da 3 diversi fotositi (RGB) i quali hanno una corrispondenza esatta con il numero dei pixel, facendo un esempio: una fotocamera che ha un sensore da 9 MP avrà in realtà 3 MP per ogni fotosito quindi 3 milioni di punti reali.
Mentre i sensori Foveon X3 hanno i fotositi sovrapposti a sandwich (come per le tradizionali emulsioni su pellicola a colori), quindi il risultato è che se il sensore ha 9 MP sono effettivamente quelle le dimensioni dell’immagine.
Faccio una mia considerazione personale. Non ho mai utilizzato una fotocamera con questo tipo di sensore, mi dispiace perché sono molto curioso, ne comprerò una prima o poi :).
Però mi faccio una semplicissima domanda: perché è stato utilizzato solo dalle fotocamere Sigma e soprattutto per poco tempo senza aver riscosso così tanto successo come le fotocamere di marca Nikon o Canon? Penso quindi che l’idea sia stata molto bella ma che poi nel concreto non sia così tanto buona nel risultato finale. Questa, ripeto, è solo una mia modesta opinione.
La photokina è la più grande e più importante fiera nel mondo della fotografia.
La sua prima edizione si è tenuta nel 1950 e una nuova mostra è organizzata ogni due anni a Colonia, presso l’Exhibition Centre Cologne di Colonia, durante il mese di settembre.
La sua prima edizione verme chiamata Photo-und Kino-Ausstellung (Esposizione fotografica e cinematografica), suasivamente nel 1951 viene poi denominata Photokina.
Dal 1950 al 1966 si è tenuta ogni anno, dal 1966 ogni due anni in Settembre.
L’ultima si è svolta nel 2018. Purtroppo la pandemia ha fatto decidere gli organizzatori di fermare momentaneamente la fiera fino a data da definirsi (potrebbe anche portare all’addio di questa storica fiera del mercato dell’imaging).
La Sigma SD15 è una versione aggiornata della Sigma SD14. Prodotta dal 2010 al 2013. Presentata al Photokina del 2008 ma poi commercializzata da Giugno del 2010.
Viene aggiornato e migliorato il sistema di elaborazione delle immagini TRUE II senza però cambiare il sensore. Quindi il sensore della Sigma SD15 rimane lo stesso della Sigma SD14.
C’è qualche controversia sulla rivendicazione di 15,0 MP fatta da Sigma, derivante dalle principali differenze tra il sensore Bayer standard del settore utilizzato in tutte le altre fotocamere digitali, e il sensore di immagine Foveon X3 utilizzato quasi esclusivamente nelle fotocamere Sigma. Poiché il sensoreFoveon cattura le immagini tramite una griglia che cattura blu rosso, verde e blu a tre strati simile alla tecnologia a tre strati utilizzata nella pellicola Technicolor, piuttosto che il metodo di interpolazione a colori a strato singolo utilizzato dai sensori Bayer, Sigma e Foveon contano ogni livello RGB separatamente, quindi 4.7 MP per 3 si traduce nelle loro affermazioni di 15,0 MP. Sigma afferma che il nuovo sistema i elaborazione di immagine TRUE II offre una migliora qualità con una maggiore velocità di elaborazione
Caratteristiche: Sensore: APS-C (20,7 x 13,8mm – fattore di crop 1,7) 4,7 MegaPixel File: RAW e JPG Sensibilità ISO: da 50 a 3200 Velocità di scatto: da 30sec a 1/4000 Flash incorporato Schermo da 3,0 pollici Mirino ottico con copertura del 96% Memoria SD e SDHC Batteria ricaricabile Dimensioni: (LxAxP): 144x107x81mm – Peso: 750g
Cosa facciamo oggi? Ma si facciamo una passeggiata per il centro di Bologna e con l’occasione ci dedichiamo un po alla street photography.
Spiegare cosa succede nella mente di chi passeggiando fotografa è molto difficile. Ad esempio in questa mia passaggiata per il centro di Bologna ho pensato molto. Che cosa spinge una persona a scattare una fotografia? Che cosa colpisce, di un luogo, l’artista che poi diventa famoso per i suoi scatti? Quanto si interaggisce con la gente per strada? E tante altre domande a cui ho dato, secondo il mio pensiero, delle risposte.
Beh credo che in qualunque branca della fotografia, considerata artistica, ci sia una grossa difficoltà nello spiegare cosa succede nella mente di chi scatta. Ma perchè? E’ abbastanza semplice da capire e intuire. Ogni persona ha vissuto una vita diversa, con esperienze diverse e con modi diversi. Quando si fotografa si “mette sullo stesso piano mente, occhio e cuore” (cit. Henri Cartier Bresson) e questo vuol dire che la nostra vita, come l’abbiamo vissuta, le esperienze fatte, le persone incontrate e la cultura ci porta a creare una fotografia. Si può dire bella o brutta fotografia? Secondo me no? Nel senso che può non piacere il genere ma se mi comunica una sensazione è sicuramente una fotografia ben riuscita.
Il discorso filosofico della fotografia artistica potrebbe iniziare ora e finire chissà quando quindi per il momento mi fermo con la promessa di continuare a discutere di questo aspetto su altri articoli.
Non voglio annoiarvi troppo su questi discorsi sulla fotografia artistica e vi faccio vedere alcune della fotografie scattate durante una passeggiata nel centro di Bologna.
La Sigma SD1 è una fotocamera reflex digitale, annunciata al Photokina del 2010 (il 21 Settembre 2010). Messa in vendita ufficialmente nel Maggio 2011 con un prezzo medio di quasi 10.000 dollari.
La Sigma SD1 utilizza un sensoreFoveon X3, che comprende 3 strati di 4800×3200 pixel per un totale di 46MegaPixel (del tipo di sensore Foveon vi parlo in questo articolo dedicato). Rispetto alla matrice di Bayer (di cui sono composti la maggior parte dei sensori fotografici digitali), il Foveon dona una risoluzione cromatica molto più elevata.
Successivamente nel 2012, l’SD1 viene rilanciata con il nome SD1 Merrill, in onore del defunto Richard B. Merrill, inventore del sensore Foveon.
Caratteristiche: Sensore:APS-C (23,5 x 15,7mm – fattore di crop 1,7) 15,4 MegaPixel File: RAW e JPG Sensibilità ISO: da 100 a 6400 Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000 Flash incorporato Schermo da 3,0 pollici Mirino ottico con copertura del 98% Memoria Compact Flash Batteria ricaricabile Dimensioni: (LxAxP): 146x113x80mm – Peso: 780g
L’idea della Magnum Photos è di Robert Capa che la comunica ai colleghi incontrandosi al ristorante del MoMa di New York. Il 22 Maggio 1947 viene ufficialmente fondata. Nasce con due sedi, una a New York e una a Parigi, successivamente si aggiungono anche Londra e Tokyo così da organizzare meglio le missioni dei fotografi.
I membri della Agenzia s’impegnarono, fin dall’inizio, a pretendere dagli editori il controllo della messa in pagina delle immagini e di verificare delle didascalie. Decisero di detenere la proprietà dei negativi, fatto nuovo per l’epoca. Ogni fotografo era libero di scegliere dove, come e con chi lavorare. La libertà d’azione significava anche poter concedersi reportage di ampio respiro, più personali, in cui l’autore potesse raccontare meglio, di più e in profondità.
I fondatori si divisero le rispettive sfere d’influenza: Henri Cartier-Bresson scelse l’Asia (con lunghi viaggi in Cina, India, Birmania e Indonesia), David Seymour si concentrò sull’Europa, George Rodger sull’Africa, mentre Robert Capa, dall’America, rimase pronto a partire per ogni dove.
Le forti personalità dei fondatori attirarono l’interesse di coloro, colleghi, che comprendevano la portata di un simile modo di pensare, da uomo e da fotografo, il proprio lavoro.
La magnum Photos ebbe subito un grande successo, dopo solo cinque anni, ha aggiunto giovani fotografi di grande successo come René Burri, Elliot Erwitt ed altri. Grazie a questa politica incentrata sulla tutela del fotografo, sia legalmente che professionalmente, la Magnum Photos ha raccolto intorno a sé molti dei migliori fotografi, permettendogli di esprimere il personale significato di fotografia e il loro rapporto con il mondo documentato.
L’agenzia Magnum ha prodotto alcuni tra i più importanti e spesso drammatici reportage della seconda metà del XX secolo, documentando guerre (il Vietnam di Phillip Jones Griffiths), catastrofi etniche (la carestia in India di Werner Bischof) o eventi sociali (il movimento americano per i diritti civili di Leonard Freed), ma anche sottolineando, con personali e originali interpretazioni, alcuni aspetti della società non evidenziati dal giornalismo scritto, raccontando il mondo degli anziani (Martine Franck), la vita dei minatori in Bolivia (Ferdinando Scianna) oppure i curiosi ritratti canini di Elliot Erwitt.
Purtroppo nel primo decennio di attività ha avuto degli episodi drammatici, la scomparsa di Robert Capa (saltato su una mina in Indocina) e di David Seymour.
Diventare membri dell’agenzia Magnum richiede la presentazione di un portfolio all’agenzia che nella riunione annuale deciderà se ammettere il fotografo ad un affiancamento di circa due anni con un fotografo membro, terminato il quale si acquisisce la carica di associato. Trascorsi ulteriori due anni, previo giudizio di un ulteriore portfolio, si diventa membri a tutti gli effetti, con il diritto di votare nelle annuali riunioni dell’agenzia. Il corrispondente è invece un fotografo non legato direttamente all’agenzia se non per lavori occasionali.
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William Vandivert nato a Evamston (Illinois) il 16 Agosto 1912 e morto il 1° Dicembre 1989. Tra il 1928 e il 1939 studia chimica al Beloit College nel Wisconsin poi nel 1930 studia fotografia all’Art Institute di Chicago fino al 1935.
La rivista Life lo assume nel suo team nel 1938. William Vandivert è stato uno dei pochi fotografi a lavorare prima della Seconda Guerra Mondiale con pellicole a colori, lui preferiva la Kodachrome. A Parigi, nell’estate del 1939, fa un reportage fotografico a colori e poi nel 1940 fotografa (sempre a colori) il Blitz di Londra.
Viaggia in India, per la rivista Life, nel 1943 per documentare la straziante Carestia del Bengala. In questo terribile contesto scatta fotografie molto crude come: una donna anziana che muore lungo la strada, un uomo a petto nudo tanto magro da vedere le ossa, la pulizia dei cadaveri per strada e la loro cremazione all’aria aperta. Da questo atroce reportage nasce una mostra nel 1955, curata da Edward Steichen, al MoMa di New York.
Durante la Seconda Guerra Mondiale è testimone alla scoperta del campo di concentramento di Gardelegen dove scatta molte foto con i resti di centinaia prigionieri politici rinchiusi in un magazzino e le guardie tedesche gli hanno dato fuoco. Le truppe alleate scoprono questa atrocità due giorni dopo, alcune foto mostrano i cadaveri ancora fumanti.
Nel 1945, William Vandivert, fu il primo fotoreporter occidentale a fotografare le rovine della città e il bunker di Adolf Hitler. Queste foto furono poi pubblicate sul numero di Luglio della rivista Life.
Lascia il team di Life nel 1946. William Vandivert, nel 1947, aiuta a fondare la agenzia Magnum Photos insieme a Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e Maria Eisner. L’anno dopo Vandivert lascia la Magnum Photos per dedicarsi alla fotografia come freelance pubblicando molti reportage per la rivista Fortune. Si dedica successivamente anche alla fotografia naturalistica pubblicando diversi libri tra il 1960 e il 1982.
George Rodger nato a Hale il 19 Marzo 1908 morto a Ashford il 24 Luglio 1995. Frequenta il St. Bee’s College (Cumbria) ma presto lascia e si imbarca nella Marina Mercantile Britannica trascorrendo due anni viaggiando in giro per il mondo. All’età di 20 anni, durante la Grande Depressione, va in America lavorando in diversi ambiti.
Torna in Inghilterra nel 1936 e la BBC lo assume come fotografo. La rivista americana Life, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, lo fa diventare corrispondente di guerra. Alcune delle sue importanti fotografie, durante la guerra, si riferiscono ad avvenimenti molto importanti come: Blitz di londra, Africa occidentale con la liberazione dei francesi, la caduta della Birmania, gli sbarchi degli alleati in Sicilia e a Salerno, la battaglia di Cassino, il D-Day e lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi, Bruxelles, Olanda e la Danimarca, la resa a Luneberg e le liberazioni del campo di concentramento di Belsen.
George Rodger è conosciuto con l’appellativo “l’inglese tranquillo” perché aveva un carattere molto pacato. Si descrive come un sognatore che ha usato la fotografia per poter vedere cosa il mondo aveva da offrire.
L’esperienza traumatica dei campi di concentramento lo portò ad abbandonare il fotogiornalismo di guerra cercando nuovi spunti in Asia e Medio Oriente esplorando le tribù e le diverse etnie nelle aree remote.
Una sua frase rende molto bene l’idea della sua fotografia:”Posso destreggiare la composizione, come la forza di un’immagine è nella composizione. O posso giocare con la luce. Ma non interferiamo mai con il soggetto. Il soggetto deve andare a posto da solo e, se non mi piace, non devo stamparlo”.
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David Seymour(Chim) nato a Varsavia nel 1911 e morto a Canale di Suez nel 1956. Studia grafica a Lipsia e poi intraprende la carriera come fotografo, con il soprannome di Chim, all’inizio degli anni 30. Proprio negli anni ’30 a Parigi, lavorando come fotografo freelance, entra in contatto con Robert Capa e Henri Cartier Bresson. Fu inviato a documentare la Guerra Civile Spagnola dalla rivista Regards. Riuscì nell’impresa della documentazione dimostrandosi di un giornalismo sempre partecipe dei drammi della realtà fotografata.
Nel 1939 mmigra negli Stati Uniti dove presta servizio come ricognitore fotografico documentando il viaggio dei rifugiati spagnoli repubblicani verso il Messico. Nel 1940 fu arruolato dall’esercito statunitense e inviato in Europa come fotoreporter durante la guerra.
Divenne cittadino naturalizzato degli Stati Uniti nel 1942; nello stesso anno i genitori furono uccisi dai nazisti. Dopo la guerra ritornò in Europa per documentare le condizioni dei bambini rifugiati per conto dell’UNICEF, da poco fondato. Era famoso per le sue foto di ritratto soprattutto ai bambini. Fu uno dei fondatori, nel 1947, dell’Agenzia Magnum. Dopo la morte di Robert Capa, Chim, diventa Presidente della Magnum Photos, carica ricoperta per 10 anni fino 10 Novembre 1956.
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Fotografare la luna potrebbe sembrare complicato ma non così come sembra. Come ogni cosa, in fotografia, è possibile arrivare a buoni risultati anche con spese non troppo elevate. Certo se vogliamo fotografare la luna tanto da vedere tutti i particolari dobbiamo necessariamente avere una fotocamera e un obiettivo professionali. Non mi dilungo, volutamente, sul darvi consigli sulle giuste ore in cui fotografare e dirvi (una cosa scontata secondo me) che bisogna fotografe la luna con il cielo sereno. Quindi passo direttamente all’aspetto tecnico e i consigli sul campo.
Scelta della fotocamera Nella fotografia “da lontano” abbiamo bisogno di avvicinarci più possibile al soggetto. In questo caso, per fotografare la luna, ci sarebbe bisogno di un telescopio con attacco (opzionale) per una fotocamera. Ma guardiamo anche gli aspetti pratici per chi non ha competenze “astronomiche” e chi ha un budget non troppo elevato. In fotografia digitale c’è un discorso da fare su che cosa è il fattore di crop e di come ci può venire in aiuto in questo tipo di fotografia.
Fattore di Crop Esistono due tipi di sensori, per uso generico, quelli Full Frame (pieno formato) e quelli APS-C (un po più piccolo). Se montiamo un obiettivo da 50mm su una fotocamera Full Frame avremo un angolo di campo di 47°. Se invece lo stesso obiettivo lo montiamo su una fotocamera con sensore APS-C dovremo moltiplicare alla lunghezza focale con un valore (dichiarato dalla casa madre) chiamato “fattore di Crop”. Quindi, facendo un esempio con Nikon, se montassimo un obiettivo 50mm su una APS-C dovremo moltiplicare 1,5 (fattore di crop della Nikon) a 50mm quindi diventerà 75mm e l’angolo di campo invece di 47° diventerà intorno ai 30°. Nella pratica avremo semplicemente un avvicinamento al soggetto. Questo concetto è particolarmente importante nella scelta degli obiettivi perché se vogliamo scattare panorami dobbiamo sapere che se acquisto un 18mm e ho una APS-C sarà 27mm.
Nel caso della fotografia alla luna ci aiuta molto il fattore di crop in quanto se montiamo un obiettivo che ha una lunghezza di 200mm, per il sensore Full Frame, con il fattore di crop arriviamo ad avere una lunghezza focale di 300mm. Inoltre questo aspetto ci permette anche di risparmiare sull’acquisto della fotocamera in quanto quelle con sensore APS-C sono più economiche delle Full Frame.
Obiettivo La scelta dell’obiettivo nella fotografia alla luna è molto semplice infatti cadrà sui teleobiettivi. Infatti i teleobiettivi hanno una lunghezza focale (la distanza tra il centro ottico dell’obiettivo e il materiale fotosensibile) che va oltre i 60mm. Esistono anche due tipi categorie, gli obiettivi a focale fissa e a focale variabili (chiamati zoom). Quelli a focale fissa hanno una grande qualità costruttiva e sono utilizzati di solito da professionisti anche perché hanno dei prezzi molto elevati. Comunque che sia zoom o fisso l’importante è che sia una lunghezza focale oltre i 100mm.
Diaframma Il diaframma da utilizzare per fotografare la luna è di apertura media che va da f8 a f11. Si sceglie questo tipo dio diaframma perché ciò cerca di avere la qualità massima di immagine così da evitare il difetto chiamato diffrazione (di cui vi parlo in questo articolo).
Tempo di scatto In questo caso non possiamo scegliere un tempo prima di scattare ma dobbiamo affidarci all’esposimetro (vi parlo dell’esposimetro approfonditamente in questo articolo). L’esposimetro e la sua lettura deve essere impostata in Spot (cioè che legge la luce nel punto di messa a fuoco che abbiamo scelto). Così facendo la fotocamera vi farà impostare un tempo di scatto relativamente veloce in quanto la luna è abbastanza luminosa.
Sensibilità ISO Il cielo notturno è nero giusto? E allora perché fotografarlo con un colore diverso? O con un fastidioso disturbo chiamato “rumore digitale”? Allora in questo caso si utilizzerà la sensibilità ISO minore disponibile sulla fotocamera così da avere una buona qualità. Per un approfondimento alla sensibilità ISO potrete andare su questo articolo.
Il formato del file è sicuramente preferibile che sia RAW così da poter avere molte possibilità di post produzione senza perdere qualità. Per fotografare la luna abbiamo necessità di utilizzare un buon treppiedi anche perché utilizzando i teleobiettivi tutto si fa abbastanza “pesante”. Come si fa a scegliere un treppiedi di buona qualità? Sembrerà una riposta stupida ma non lo è. Un buon treppiedi non deve essere troppo leggero perché ha bisogno di stabilità. Questo aspetto è tanto importante che i treppiedi (di buona qualità) hanno un gancio al centro in basso alla colonna centrale per poter mettere un peso per rendere il tutto più stabile. Sarebbe buona norma utilizzare uno scatto remoto così da evitare vibrazioni in fase di scatto, che con focali molto elevate si nota molto di più. Oppure se non abbiamo la possibilità di uno scatto remoto potremo utilizzare il timer della fotocamera così da far stabilizzare la fotocamera prima dello scatto. Concludendo dico semplicemente una cosa che ho sempre pensato: “Non esiste limite alla immaginazione …. Ma bisogna avere delle conoscenze tecniche che possano permetterci di andare oltre”.
Se avete bisogno di qualche consiglio sugli acquisti potrete visistare questo articolo.
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