William Henry Fox Talbot

William Henry Fox Talbot

William Henry Fox Talbot nasce a Melbury (nella contea di Dorset in Inghilterra) l’11 Febbraio 1800. Muore a Wiltshire il 17 Febbraio 1877.
Talbot era un ricco proprietario terriero e si dedica fin da giovanissimo alle scienze e in particolare agli strumenti ottici, più precisamente al microscopio.


Si laurea, nel 1821, presso il Trinity College di Cambridge. Inizia a viaggiare in molti paesi europei portando con se la Camera Obscura e la Camera Lucida (di Wollatson) così da poter eseguire degli schizzi dei luoghi e paesaggi che incontra.


Una riflessione puramente personale: se ci pensiamo questo è uno degli scopi della fotografia, avere ricordi di posti visitati durante i viaggi. Quindi Talbot già 10 anni prima della sua invenzione è sulla buona strada.


Nel 1822 si mette in contatto con l’ottico modenese Giambattista Amici chiedendogli un suo esemplare di microscopio ad immersione che all’epoca era il più innovativo. Così nasce tra loro un rapporto epistolare durato fino al 1827 e poi ripreso tra il il 1839 e il 1844. Tutte le loro lettere fanno seguire alcune delle tappe fondamentali degli studi di Talbot.


Tra i suoi viaggi si reca anche in Italia sul Lago di Como e precisamente a Bellagio, nel 1833. Mentre stava disegnando gli viene in mente un’idea “trovare il modo di fissare il disegno della luce” senza l’intervento manuale come egli stesso scrive nel suo libro “The Pencil of Nature” del 1844.


William Henry Fox Talbot si rende conto di non possedere il “dono del disegnatore” e quindi rimane deluso dai sui schizzi, sia con la Camera Obscura che la Camera Lucida, così cerca di trovare il modo di “prendere” le immagini senza un intervento manuale.


Ritorna in Inghilterra, Gennaio 1834, e si procura una soluzione di nitrato d’argento e la spalma su una carta aspettando che si asciughi, così iniziano i primi esperimenti che poi porteranno alla scoperta del suo procedimento.


Il 25 Gennaio 1839, tramite Michael Faraday (fisico, chimico e divulgatore scientifico britannico), c’è il primo annuncio pubblico del procedimento alla Royal Instution.
Il primo annuncio direttamente da Talbot alla Royal Society fu fatto il 31 Gennaio 1839.

Un suo amico Herschel (astronomo, considerato il padre della moderna astronomia) gli da l’idea di utilizzare, per il lavaggio delle lastre, l’iposolfito di sodio. Questa idea pone rimedio, definitivamente, ad alcune problematiche del procedimento.

Il 2 Febbraio 1839 appare una nota riassuntiva del provvedimento su “The Literary Gazette”.
Il procedimento di Talbot viene anche pubblicato su “The Globe” il 25 Febbraio 1839 anche se con poche informazioni.


Nel Ottobre del 1840, Talbot, era già in grado di utilizzare veloci tempi di posa fino ad 8 secondi e questo lo annuncia tramite una lettera alla “Literary Gazette” il 5 Febbraio 1841.


Viene depositato il brevetto della “calotipia” o “talbotipia” l’8 Febbraio 1841 poi registrato il 17 Agosto. Invece in Francia viene pubblicato solo nel 1857.


William Henry Fox Talbot brevetta molto invenzioni, proibendone l’uso senza il suo consenso, contrariamente a Daguerre che però riceveva una pensione a vita.

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Louis Jacques-Mandé Daguerre

Louis Jacques-Mandé Daguerre

Louis Jacques-Mandé Daguerre (1787-1851). Si occupa, inizialmente, di pittura e scenografia sia come disegnatore teatrale che scenografo all’Opéra de Paris. Queste esperienze portano Daguerre, con un amico Charles-Marie Bouton, a realizzare degli spettacoli chiamati “Diorami” con cui ebbe subito un grande successo.


Il “diorama” consisteva nell’allestimento di grandissime scenografie che comprendevano grandi tele semitrasparenti dipinte con prospettive di luoghi ed edifici famosi, cercando di ricostruire una esperienza “viva” attraverso l’utilizzo di luci ed effetti ottici.
L’inaugurazione del “Diorama” avviene il 11 Luglio 1822. Queste scenografie gli diedero un grande successo, in tutta Europa, come alternativa al teatro e questo può anche essere un’anticipazione all’avvento del cinematografo.


Purtroppo l’8 Marzo 1839 il diorama di Parigi venne colpito da un incendio. Questo grave accadimento mette in crisi economica Daguerre. Fino a quel periodo non voleva rendere pubblici i risultati del Dagherrotipo perché voleva creare una società per poter guadagnare economicamente con questa grande invenzione. Ma la crisi economica derivante dall’incendio del diorama di Parigi gli fa accelerare i tempi.


Tra il 1829 e il 1835 Daguerre aveva studiato con impegno ed entusiasmo i materiali fotosensibili. Aveva una continua corrispondenza con Niépce (attraverso codici segreti) con cui si scambiavano idee e informazioni sui risultati raggiunti.


Già nel 1831, Daguerre, fa prove con i vapori di mercurio che usava normalmente per l’amalgama con l’argento.
Nel 1835 scopre, in modo fortunoso, che sulla lastra di rame si creava una “immagine latente”, si vedeva solo se si esponeva la lastra ai vapori di mercurio, senza lunghissimi tempi di posa ma anche “solo” dopo 30 minuti.


Il primo Dagherrotipo viene ottenuto nel 1837 sviluppando l’immagine con mercurio riscaldato, invece che con sostanze precedentemente utilizzate.


La “Gazette de France” pubblica un annuncio della invenzione del Dagherrotipo il 6 Gennaio 1839.
Il giorno dopo, il 7 Gennaio 1839, Jean François-Dominique Arago (celebre ed illustre astronomo) diede comunicazione alla Accademia delle Scienze di Parigi presentando anche alcuni Dagherrotipi.

Il 7 Gennaio 1839 è anche considerata, ancora oggi, la data di nascita della fotografia.


Daguerre e Arago si danno molto da fare per la promozione di questa grande invenzione. Infatti, Arago (che era anche un membro della Camera dei Deputati), presenta un progetto per l’acquisto dell’invenzione da parte dello Stato, alla Camera dei Deputati, proponendo una pensione a vita per Daguerre di 6.000 franchi all’anno e per Isidore Niépce di 4.000 franchi che vengono poi accettate ed assegnate da Luigi Filippo il 15 Giugno 1839.


Il 19 Agosto 1839 Arago presenta ufficialmente al mondo il Dagherrotipo che aveva destato una grandissima curiosità nel mondo scientifico. Questa curiosità era arrivata anche ad illustri esponenti del mondo scientifico come Samuel Morse (allora professore di disegno e letteratura all’università di New York). Morse, insieme al collega Draper, fu il primo a introdurre la dagherrotipia nell’America del Nord.

Louis Jacques-Mandé Daguerre decide, soltanto il 3 e 17 Settembre, a dare una dimostrazione pubblica del procedimento.
Successivamente, il 20 Agosto 1839, Daguerre diffonde un manuale d’uso di 79 pagine che entro la fine dell’anno viene tradotto e stampato in 5 diverse lingue.

(Fonte: Storia e tecnica della fotografia – Italo Zannier – 1993 Editori Laterza)

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Joseph-Nicéphore Niépce

Joseph-Nicéphore Niépce

Joseph-Nicéphore Niépce (1765-1833), di famiglia benestante, aveva iniziato a studiare per una carriera ecclesiastica, insieme al fratello Claude.

Il fratello Claude lavora insieme a lui a tante invenzioni, in particolare ad una macchina che avrebbe fatto procedere i battelli senza ne remi ne vele (praticamente aveva pensato all’odierno motore) che venne poi brevettato come “pyréolophore” nel 1807.


Ai tempi della Rivoluzione aveva 24 anni ed insegnava presso alla Congrégation des Pères de l’Oratoire ad Angers, ma abbandona questo incarico per arruolarsi nell’esercito. Nel 1792 fu in Italia come luogotenente del 42° reggimento di fanteria.

Due anni dopo, anche a causa di una malattia, concluse la carriera militare. Subito dopo si sposa e preferisce amministrare le proprietà di famiglia, anni in cui inizia, insieme a Claude, le prime sperimentazioni sulle sue invenzioni impegnando la gran parte delle sue economie.


L’idea di migliorare o per lo meno di rendere più semplice la tecnica litografica, sollecitò i due fratelli, a sperimentare la possibilità di utilizzare metallo anziché pietra. Pensarono anche di ottenere con la luce l’impronta di un disegno posto a contatto della lastra metallica, che inizialmente era di stagno, trattata con sali d’argento dalla nota qualità di sensibilità alla luce. Niépce utilizza anche la carta come supporto, impregnandola di cloruro d’argento e acido nitrico.


L’impossibilità di fissare l’immagine su un supporto stabile dissuade i fratelli a continuare su questa strada. Ma la loro curiosità gli fa incontrare il “bitume di Giudea” (un asfalto di uso comune che veniva utilizzato nella creazione di vernici per la stampa e si conosceva anche la sua alterabili alla luce) che si rivelerà miracoloso e fondamentale per il proseguo delle ricerche dei fratelli Niépce.

Nel 1822 dicono di aver ottenuto una “veduta della casa e del giardino di Gras” e negli anni successivi anche diverse lastre per impressione a contatto. Una di queste lastre è la famosa incisione su peltro bitumato, nel 1824, di un antico cardinale d’Ambrosie, ministro di Luigi XII, della quale esistono anche diverse copie eliografie.

Joseph-Nicéphore Niépce - Cardinale d'Amboise
Joseph-Nicéphore Niépce – Cardinale d’Amboise

Il procedimento studiato da Niépce risolve il problema del fissaggio dell’immagine ottenuto aggirando l’utilizzo dei sali d’argento.
Il Bitume di Giudea, che indurisce se colpito dalla luce per un lungo periodo, rimane invece solubile nelle altre parti non esposte, se immerso in petrolio, olio di lavanda o di Dippelio; non solo questa è la proprietà “fotografica” del bitume, ma esso tende anche a schiarire, determinando lo “sviluppo”, un chiaroscuro che riproduce con sufficiente precisione il disegno dell’immagine. Questa poteva essere ottenuta da una matrice di carta resa trasparente con olio o cera e posta a contatto con la lastra bitumata. Per creare la famosa immagine “Points of vue” furono necessarie dalle otto alle dieci ore.

Points of vue
Joseph-Nicéphore Niépce – Points of vue

Niépce si ritiene soddisfatto dei risultati ottenuti, con le lastre bitumate, incoraggiato anche dal famoso ottico Chevalier (che un anno prima a Parigi aveva visto una delle sue eliografie).


Nel 1827 incontra sulla sua strada Daguerre che lo affascina fin da subito. I due diventano molto amici (fino alla morte di Niépce) e iniziano anche una collaborazione sui procedimenti “fotografici”. Entrambi speravano di poter trarre profitto dalle possibilità offerte della eliografia.

Louis Jacques Mande Daguerre (1787-1851)
Louis Jacques Mande Daguerre (1787-1851)

Fu siglato un contratto tra i due il 14 Dicembre 1829, che avrebbe avuto una durata di 10 anni se Niépce fosse scomparso prima, lasciando però erede il figlio Isidore. 


Niépce aveva ceduto, a titolo di quota sociale, la sua invenzione, e Daguerre per conto suo si impegnava a “apportare una nuova combinazione di camera nera, i suoi talenti e la sua industria” come l’altra metà della società.


Anche quando Daguerre inventa la sua “fotocamera” il Daguerrotipo (Daguerrotype), il contributo di Niépce sembra essere stato fondamentale.


La dagherrotipia si è realizzata in effetti in queste su queste premesse e suggerimenti, generosamente ceduti da Daguerre, dopo il contratto del 1829.


Niépce aveva compiuto esperimenti, fino ad allora, usando tre diversi supporti: il rame, dopo l’esposizione, come l’acquaforte, ottenendo una matrice che, inchiostrata, consentiva di stampare un gran numero di copie; l’argento con cui otteneva una copia unica, positiva, mediante l’annerimento del metallo con i vapori di iodio; il vetro da esaminare in trasparenza.
Niépce non si è reso conto che con l’utilizzo del vetro (lastre trasparenti) aveva, in pratica, inventato il “negativo” e quindi realizzato il concetto essenziale della fotografia, in seguito invece di questo se ne rende conto Talbot.
(Fonte: Storia e tecnica della fotografia – Italo Zannier – 1993 Editori Laterza)

Joseph-Nicéphore Niépce - fotocamera
Joseph-Nicéphore Niépce - points of vue lastra
lastra con tavolo apparecchiato

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Canon EOS 350D

Canon EOS 350D

La Canon EOS 350D è stata presentata il 17 Febbraio 2005 con il nome di Digital Rebel XT in Nord America e Kiss Digital N in Giappone.

È la sorella maggiore della EOS 300D e poi sostituita anche essa dalla EOS 400D nell’agosto del 2006, rimanendo però in commercio fino al 2007.


La EOS 350D è una evoluzione della EOS 300D ma dispone di funzioni e di pezzi derivati dalla EOS 20D, che appartiene ad una classe maggiore. Infatti è equipaggiata dal processore di immagine DIGIC II che consente una più veloce elaborazione delle immagini. Questo tipo di processore di immagini (DIGIC II) erano già montato sulla EOS 20D e addirittura sulla professionale EOS 1Ds Mark II.

La Canon EOS 350D ha sette punti di messa a fuoco contro i 9 della più professionale EOS 20D.
C’è anche un’altra differenza tra le due fotocamere, il materiale di costruzione del corpo. La EOS 20D è in policarbonato e magnesio invece la 350D è solo di policarbonato ed è anche più piccola.


Secondo gli annunci della Canon questa fotocamera ha un migliore comportamento sul disturbo del colore e soprattutto una migliore qualità a sensibilità ISO più elevate (a 400 ISO si annunciano scatti quasi senza rumore).


Il flash integrato è controllabile solo in modalità E-TTL e solo i flash esterni (come il Canon Speedlite 540EZ) funzionano solo in modo manuale. Invece il flash anulare Canon ML-3 non funziona su questa fotocamera. La Canon raccomanda l’utilizzo di flash compatibili con sistema E-TTL come i Canon Speedlite della serie EX.

Caratteristiche:
Sensore: APS-C (22,3×15 fattore 1,6x) 8,0 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 100 a 1600
File: Raw e JPG
Schermo: 1,8”
Velocità di scatto: da 30 sec a 1/8000
Flash integrato Pop – up
Memoria: Compact Flash
Batteria Canon ricaricabile
Dimensioni: (LxAxP): 127x94x64mm – Peso: 540g

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Una mattinata a Mantova

Una mattinata a Mantova

Una mattinata a Mantova. Un giorno qualunque delle vancanze di Natale 2023/24 abbiamo pensato di fare un giro in una città che non conoscevamo ma sapevamo molto bella.

Certo non è facilissimo trovare parcheggio, ma preparandosi in anticipo ad avere pazienza la attesa viene ripagata. Ho cercato un parcheggio quanto piu vicino al centro e devo dire che il Parcheggio Gonzaga è stata un’ottima scelta.

Abbiamo girato un po per la città senza alcuna meta, ma semplicemente incuriositi. Dopo poco ci siamo trovati nella piazza Sorbello dove c’era anche il mercato rionale. Una grande piazza con da un lato il Palazzo Ducale che impressiona per la sua grandezza. Frontalmente c’è la cattedrale, alle spalle la casa di Rigoletto.

Abbiamo visitato il Palazzo Ducale che è davvero immenso. Una visita che, credo non possa mancare per chi va a Mantova. Il biglietto pieno permette la visita anche alla Camera degli Sposi fatta da Mantegna e al Museo Archeologico Nazionale.

Sicuramente una mattinata a Montava non basta per poter vedere bene una città con una grande bellezza e tanta cultura ma è stato davvero un piacere riuscire a visistarla.

Di seguito potrete vedere un po di foto scattate durante la mattinata a Mantova.

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