Protocollo fotografico in odontoiatria

Introduzione – Protocollo fotografico in odontoiatria

La fotografia in ambito dentale può considerarsi ormai un fatto acquisito, in quanto negli ultimi tempi numerosissimi studi odontoiatrici e laboratori odontotecnici hanno avvertito l’esigenza di attrezzarsi per fare fotografie, così da avere un ulteriore supporto tecnico alla loro attività professionale. Ecco quindi la necessità di acquisire un’adeguata conoscenza in campo fotografico anche da parte dei professionisti del settore dentale.

Entrando più nello specifico nella gestione della fotografia dentale non sono da sottovalutare aspetti importanti, quali il notevole miglioramento dei rapporti tra l’odontoiatra e l’odontotecnico i quali, attraverso gli strumenti offerti dalle più moderne tecnologie, diventati ormai di uso quotidiano, hanno la possibilità di colloquiare procedendo anche al reciproco scambio di immagini in tempo reale, ottenendo così una notevole riduzione dei tempi necessari per la risoluzione di ogni singolo caso; tutto questo indipendentemente dalla distanza tra lo studio ed il laboratorio grazie a Internet e software di condivisione di file e cartelle (es. Dropbox e Wetransfer).

Altro importante aspetto da considerare è la funzione estetica, che ormai negli ultimi tempi sta assumendo una valenza sempre maggiore sia per quanto concerne la mera documentazione sia per agevolare il dialogo tra clinico e paziente.

Va tenuto presente, inoltre, che già da anni la fotografia sta diventando anche uno strumento diagnostico al pari degli esami radiografici.

Da non trascurare infine la possibilità di avere a disposizione uno strumento adeguato e di facile accesso in caso di controversie medico/legali.

A questo punto a mio avviso appare interessante anche l’aspetto pubblicitario che potrebbe usufruire di canali diretti di informazione, quali i social network, attraverso i quali pubblicizzare il proprio lavoro corredato da foto e slide documentative di tutto il percorso pre e post trattamento.

Protocollo semplificatoProtocollo fotografico in odontoiatria:

Per quanto detto finora, assume una notevole importanza, fino a diventare a mio avviso indispensabile, il potersi avvalere anche nel settore della fotografia dentale di protocolli semplici, da utilizzare nei diversi casi da documentare e che facciano riferimento a standard specifici ed universalmente adottati.

Le mie conoscenze acquisite in questi ultimi anni, in cui mi sono assiduamente dedicato alla fotografia nel dentale, mi hanno consentito di elaborare un protocollo di base, molto semplice e facilmente eseguibile anche senza specifiche esperienze in campo fotografico, che ritengo utilizzabile nei più comuni e frequenti casi.

Mi corre l’obbligo di chiarire che con ciò non intendo minimamente mettere in dubbio la validità di analoghi strumenti esistenti, peraltro elaborati da illustri professionisti e molto utili per i più esperti. E’ infatti per tale motivo che  parlo di casi comuni, in quanto i casi particolari e gli scatti necessari alla loro documentazione possono essere comunque effettuati partendo da nozioni di base di fotografia generale e odontoiatrica e, in ogni caso, fanno sempre parte integrante del protocollo summenzionato.

Fatta questa doverosa premessa, di seguito vado ad individuare gli indispensabili scatti al viso che ritengo debbano essere documentati:

Foto al voltoProtocollo fotografico in odontoiatria:

  • frontale(con e senza sorriso) prima, durante e post trattamento(Fig. 1c);
  • laterale destro e sinistro(Fig. 1 a -e);
  • a 45° destro e sinistro. (Fig. 1 b-d).

Scatti effettuati durante un corso di Protesi Totale su paziente tenuto dal Dr. Alessio Casucci e l’Odt. Alessandro Ielasi

Come per gli scatti extra orali ora indicherò gli scatti intraorali da comprendere nel protocollo semplificato:

Scatti intraoraliProtocollo fotografico in odontoiatria:

  • frontale;
  • laterale destra e sinistra;
  • occlusale superiore e inferiore.

Ovviamente ci sono tante altre inquadrature da poter effettuare nel cavo orale, ma come ho chiarito la mia intenzione è quella di poter dare aiuto al professionista cercando di non complicare ma di semplificare il procedimento fotografico di ogni paziente. Nel caso in cui ci trovassimo, però, di fronte a problematiche particolari  da dover documentare con scatti ulteriori, basterà solo mettere in pratica le conoscenze base di fotografia e trovare la giusta posizione di scatto.

Tutti gli scatti al volto dovrebbero essere effettuati con uno sfondo di colore unico nero(si potrebbe allestire all’interno dello studio un piccolo set fotografico attaccando alla parete un drappo di velluto nero, in quanto il velluto non riflette la luce ma la assorbe) per poter avere il minor numero di ombre possibili. L’importante è non utilizzare sfondi di colori diversi dal nero, bianco e grigio perchè potrebbero portare fastidiose ombre colorate sul soggetto. Una buona regola è quella di utilizzare uno sfondo “contrastante” al soggetto: se il soggetto è scuro si utilizzerò uno sfondo bianco viceversa nero.

Lo sfondo grigio potrebbe essere una buona idea per avere un colore unico per tutti i pazienti. Per chi poi ritiene necessario creare un set fotografico per ritratti più professionali, si possono anche usare diverse fonti di illuminazione riflessa. In linea generale si utilizza invece una fonte di luce incidente (quella luce che batte sul soggetto da fotografare direttamente), perché se abbiamo solo un flash anulare (Fig. 3 a) non possiamo fare altro (a meno che non sia wireless) che puntare la luce sul soggetto frontalmente. Anche utilizzando i flash tipo wireless SB-R200 della Nikon (Fig. 3 b), data la loro limitata potenza, non potremo fare altro che dirigere il lampo verso il soggetto inquadrato (eventualmente utilizzando dei diffusori o soft box per diffondere la luce in modo più uniforme).

Nel caso in cui ci sia poi la possibilità di utilizzare diversi flash insieme, grazie al sistema wireless possiamo diffondere la luce più correttamente, non più facendola partire da un unico punto, ma da 2 – 3 o 4 diversi (Fig. 3). Se infine vogliamo usare luce riflessa bisognerà equipaggiarsi di stativi (almeno 3), teste dedicate all’attacco dei flash e diffusori sulla parabola del flash. In questa configurazione dovremo però usare non più flash anulari o macro ma i normali flash che si usano generalmente in fotografia. In questo modo otterremo un lampo molto più ampio e potente rispetto sia all’anulare che a quello macro, in modo tale che nel momento in cui andremo a farli “sparare” contemporaneamente su una parete bianca, la luce che arriverà al soggetto sarà tutta molto più omogenea, evidenziando un incarnato del viso molto più naturale.

È possibile utilizzare anche un solo flash “normale”(Fig. 5),montato sulla fotocamera, che con la possibilità di ruotare la parabola in tutte le direzioni può “sparare” il lampo su una parete o anche sul soffitto in modo da ammorbidire i toni dell’incarnato (se la stanza in cui si stanno effettuando gli scatti ha pareti bianche e non è molto grande). 

Posizione 3 Flash Nikon SN-R200 su uno scatto al volto frontale - dr. Alessio Casucci e Odt. Alessandro Ielasi
Fig. 4. Posizione 3 Flash Nikon SN-R200 su uno scatto al volto frontale
Protocollo fotografico in odontoiatria - Flash a torcia per usi generici
Fig. 5 Flash a torcia per usi generici

Tutte queste situazioni sono finalizzate ad un perfetto equilibrio tra estetica e aspetto clinico, in quanto il protocollo è adatto a tutti i tipi di pazienti, onde poter acquisire contestualmente una più corretta documentazione clinica unitamente ad un aspetto estetico molto gradevole. Negli scatti prettamente estetici, poi, potrebbe essere buona norma coinvolgere anche il paziente, in modo tale da renderlo partecipe del suo cambiamento e quindi più soddisfatto del lavoro svolto. Inoltre, ove possibile, sarebbe opportuno a mio avviso procedere con la documentazione fotografica dei singoli casi anche durante le visite di controllo, così da  poter ottenere un corretto “follow up” non solo clinico ma anche fotografico.

Per quanto riguarda invece gli scatti intraorali sicuramente ci troveremo di fronte a tante difficoltà, prima fra tutte la posizione da assumere per poter “inquadrare” la scena nel modo giusto, velocemente e correttamente. Sicuramente in questa fase gli assistenti giocano un ruolo fondamentale in quanto, conoscendo bene le abitudini di lavoro del professionista, lo coadiuvano nel suo posizionamento rispetto al paziente.

In molti manuali di fotografia odontoiatrica si parla anche della posizione da tenere in tutte le foto intraorali, fino ad individuare con meticolosa precisione anche gli appoggi da utilizzare, l’esatta distanza dal soggetto (che peraltro varia a seconda dell’obiettivo utilizzato), nonché l’inclinazione con cui inquadrare il particolare. Io però tendo a privilegiare la conoscenza della macchina fotografica, l’indice di ingrandimento dell’obiettivo da utilizzare, il diaframma da selezionare e quant’altro, con l’acquisizione quindi di una ottimale padronanza degli strumenti a corredo, per poi procedere a trovare il più idoneo posizionamento, tenendo sempre presente che, trattandosi di protocolli standard, si dovrà utilizzare la stessa inquadratura per le medesime foto su qualunque paziente. Ad esempio, nello scatto alla bocca frontale in occlusione, bisognerà cercare di comprendere, nelle estremità dell’inquadratura, tutti i denti da molare a molare, tutte le mucose ed i frenuli.

ConclusioniProtocollo fotografico in odontoiatria:

Oggi è indispensabile per tutti i professionisti del settore dentale essere a conoscenza di un protocollo fotografico comune ben eseguito, in quanto, questo rappresenta un biglietto da visita professionale importante sia per odontoiatri che odontotecnici. Inoltre è un’indispensabile supporto nelle dispute medico legali tra paziente e odontoiatra.

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Nikon D3

Nikon D3

La Nikon D3 è la fotocamera reflex digitale professionale ammiraglia della Nikon, sorella maggiore della Nikon D2Hs e D2Xs ma che avevano un sensore DX (formato APS-C). Annunciata il 23 Agosto 2007.

Il sensore è un CMOS in pieno formato Full Frame da 12,1 MegaPixel. I sensori FX, della Nikon, non hanno solo una maggiore dimensione ma i Pixel, presenti al suo interno, sono più grandi e quindi, teoricamente, hanno una maggiore sensibilità alla luce. Tutto questo si traduce in una maggiore qualità (minore rumore digitale) ad alte sensibilità ISO.

I precedenti sensori registravano immagini a 12 bit per canale invece quello montato sulla D3 registra a 14bit.

Una chicca di questa fotocamera è che l’esterno è stato disegnato da Giorgetto Giugiaro.

La diretta concorrente della Nikon D3 è la Canon EOS 1D Mark III. Il corpo è interamente tropicalizzato e quindi resistente agli agenti atmosferici e alle temperature estreme.

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Caratteristiche:
Sensore: CMOS Full Frame 12,1 MegaPixel
Tipo file: RAW – JPG
Sensibilità ISO: da 100 a 25600
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000
Flash non presente
Memoria Compact Flash (due slot)
Corpo tropicalizzato
Batteria a litio ricaricabile
Dimensioni: 160x157x88mm
Peso: 1300g

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Canon EOS 1D X Mark II

Canon EOS 1D X Mark II

La Canon EOS 1D X Mark II è una fotocamera reflex digitale professionale annunciata il Febbraio 2016. Sostituisce la passata ammiraglia Canon EOS 1D X.

È equipaggiata da un sensore Full Frame da 20 MegaPixel.

Una delle grani innovazioni di questa EOS 1D X Mark II è la possibilità di registrare video in 4k (4096×2160).

È stata implementata una nuova batteria (Canon LP-E19) con maggiore potenza e, se viene utilizzata, permette di scattare a raffica più velocemente. Restano accettate le “vecchie” batterie perché il vano batteria è uguale alle sue sorelle minori (EOS 1D XEOS 1D Mark IV).

Aggiunto anche il supporto a memorie più veloci chiamate Compact Fast (una variante delle Compact Flash).

L’AutoFocus è stato ulteriormente migliorato portando, inoltre, i punti di messa a fuoco a 61.

Rispetto alle precedenti ammiraglie di casa Canon, la EOS 1D X Mark II, ha il GPS integrato sincronizzando anche l’ora sul tempo coordinato.

Inoltre come ultima “chicca” è stato aggiunto anche un modulo WI-Fi per il trasferimento dei file senza fili.

Se avete intenzione di acquistare una EOS 1D X Mark II potrete cliccare sui seguenti link:

Solo Corpo: https://amzn.to/40349qX

Caratteristiche:
Sensore: Full Frame 20,2 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 50 a 409600
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000
File: RAW e JPG – Video in Full HD 1080p
Flash non incorporato
Schermo da 3,2 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria due alloggiamenti Compact Flash con possibilità di Compact Fast
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 158x167x82mm – Peso: 1530g

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Odt. Luigi Ciccarelli

Fotografia in laboratorio odontotecnico

Articolo (Fotografia in laboratorio odontotecnico) pubblicato sulla rivista: Antlo – Il Nuovo Laboratorio Odontotecnico del 1/2018

Premessa – Fotografia in laboratorio odontotecnico

Al giorno d’oggi è sempre più importante conoscere e usare correttamente la tecnologia soprattutto in ambito scientifico, per questo è necessario dare all’odontotecnico la possibilità di capire e usare al meglio la tecnica fotografica. In questo articolo si vuole fornire informazioni sulla fotografia e sulla tecnica da usare per creare degli scatti sia tecnicamente perfetti che esteticamente efficaci.

Nella pratica quotidiana del laboratorio odontotecnico è entrato ormai a pieno titolo l’utilizzo della fotografia quale utile strumento di supporto e verifica delle varie fasi lavorative. E’ facilmente intuibile, infatti, che avere a disposizione un materiale fotografico di alto livello consente di ottenere un elevato standard qualitativo di lavoro, con evidenti favorevoli riverberi, anche pubblicitari, della propria professionalità. Entrando maggiormente nello specifico, appare immediatamente evidente la possibilità di comunicazione continua con lo studio odontoiatrico offerta dalla rete Internet che, con l’utilizzo di specifici programmi come ad esempio Dropbox, Wetransfer e tutti i sistemi di trasferimenti dati presenti, consente il facile interscambio di dati in tempo reale, onde ottenere una consistente contrazione dei tempi di lavorazione. Non va certamente sottovalutato l’aspetto promozionale che può essere sviluppato attraverso i moderni Social Network come Facebook i quali hanno raggiunto un notevolissimo grado di sviluppo e pertanto possono essere utilizzati efficacemente e soprattutto gratuitamente.

Introduzione – Fotografia in laboratorio odontotecnico

La fotografia mette a disposizione del professionista del settore un mezzo di comunicazione molto efficiente ed efficace in quanto offre la possibilità di seguire visivamente e tempestivamente l’evolversi delle varie fasi dei lavori da eseguire, per cui si intuisce subito la necessità di scattare delle fotografie corrette e ben eseguite anche se ci si volesse soffermare soltanto sull’aspetto puramente estetico. Di fotografia odontotecnica usata a scopo documentativo si è parlato sempre molto poco e le pubblicazioni su tale argomento non sono molte, tanto da generare, in questo ambito, molta disinformazione e spesso anche confusione. Mentre per la fotografia odontoiatrica si sono creati protocolli comuni già ampiamente utilizzati in ambito clinico, per quella odontotecnica finora si è proceduto in modo autonomo su specifiche iniziative dei singoli laboratori.

Protocolli – Fotografia in laboratorio odontotecnico
A mio avviso in ogni ambito lavorativo che coinvolge più soggetti professionali è molto utile potersi affidare a regole e strumenti comuni sia per avere una razionalizzazione del proprio lavoro che per tenere tutto il processo produttivo sotto controllo; quindi appare ancora più necessaria la possibilità di avere a disposizione dei protocolli comuni riconosciuti ed utilizzati da tutti. Fatta questa doverosa premessa possiamo già indicare le linee di base per sviluppare un protocollo destinato specificatamente alla fotografia odontotecnica, tenendo presenti le diverse esigenze che si presentano durante le varie fasi della lavorazione. Sorge subito il primo problema, dovuto al fatto che non tutti gli odontotecnici usano le medesime tecniche lavorative e non è possibile quindi creare un protocollo “uguale” per tutti, ma ciò non toglie che si possano prevedere e quindi standardizzare in più protocolli settoriali gli scatti indispensabili a seconda delle tecniche utilizzate nonché delle diverse tipologie di prodotto (ad esempio: protesi mobile piuttosto che fissa), tenendo però sempre presente che tutti gli scatti fotografici dovranno essere comunque ripetibili e sovrapponibili. E’ opportuno quindi definire bene questi due aspetti, che sono spesso solo enunciati genericamente, precisando che per ripetibili si intendono foto che avranno la medesima luce ed intensità, mentre per sovrapponibili che possono essere sovrapposte con quelle che verranno scattate durante le successive fasi della lavorazione (Figg. 1a e 1b): ad esempio in protesi implantare: dal modello con analoghi alla barra avvitata sugli stessi.

Per quanto detto, il protocollo dovrà prevedere delle foto iniziali già all’arrivo delle impronte e poi via via tutte le successive scattate durante le fasi intermedie e fino alla fine della lavorazione.
Considerato che non è possibile utilizzare un protocollo unico per tutti gli odontotecnici, si possono però certamente indicare delle linee guida che permettano di adottare un uso della fotografia omogeneo e duttile, modificabile in base alle diverse fasi delle lavorazioni. Gli scatti da effettuare, come già detto, devono evidenziare adeguatamente ogni fase, iniziando da quelli al volto del paziente effettuati dal clinico; a tal proposito è opportuno sottolineare quanto sia importante che anche il clinico abbia una conoscenza della fotografia atta a creare un adeguato supporto al lavoro fotografico onde ottenere del materiale correttamente e scientificamente elaborato. Certamente va anche considerato che nella pratica quotidiana un odontotecnico non abituato a fotografare i propri lavori abbia una certa riluttanza a servirsi di questo strumento, ma ricorrendo ad un box fotografico di facile realizzazione creato ad hoc e cercando di impostare il proprio laboratorio anche in funzione dell’utilizzo della fotografia, tale riluttanza potrà essere facilmente superata e così anche questo aspetto farà parte della routine quotidiana, scoprendo dopo i primi scatti un nuovo mondo che consentirà di cogliere sfaccettature del proprio lavoro quasi mai notate in precedenza.
Visto che l’odontotecnico crea i propri manufatti partendo da un elemento soggettivo (il proprio estro), avere a disposizione uno strumento che possa far esaminare la lavorazione in modo dettagliato e soprattutto immediatamente, può consentire di correggere subito gli eventuali errori di lavorazione.
Prima di addentrarci nella parte più squisitamente tecnica della fotografia dentale una premessa è d’obbligo: per fotografia si intende “leggere la luce”; però aggiungendo a questa prima definizione “sapendola gestire a proprio modo”.

Entriamo nel vivo della fotografia in laboratorio odontotecnico
Detto questo, si intuisce già che il problema principale nella fotografia è quello di saper leggere e gestire la luce, che sia essa naturale o artificiale, cercando di avere una illuminazione corretta per ogni fase lavorativa, quindi creando le cosiddette foto ripetibili, pur facendone un uso creativo come quando, ad esempio, si vuole enfatizzare un lavoro particolarmente ben riuscito.
La fotografia digitale rispetto a quella analogica, paradossalmente ha creato anche molti problemi e per certi aspetti una maggiore confusione, in quanto nella fotografia analogica dentale, anche se poco praticata, esistevano pochi strumenti che potevano essere utilizzati ed erano universalmente riconosciuti per il loro uso (Figg. 2a e 2b).

Ora con il digitale ci muoviamo in un mondo sempre più vasto, in cui però le case costruttrici di fotocamere ed accessori, a mio avviso, non hanno adeguatamente supportato il settore dentale. La “corsa all’aumento dei megapixel” che ha impegnato i principali produttori, ha creato un immenso parco macchine dove con frequenza annuale se non addirittura semestrale, viene proposta una nuova macchina con megapixel in numero sempre maggiore, dando a volte l’illusione che solo questo dato possa determinare il valore del fotografo. A tal proposito voglio precisare che la fotografia ha dei concetti fondamentali che vanno oltre la marca di fotocamera usata, quindi ne consegue che qualunque fotocamera si utilizzi e qualunque sia la sua marca l’importante è avere ben in mente i fondamenti della fotografia.
Non tutti gli odontotecnici e gli odontoiatri sono relatori in corsi o conferenze, quindi non tutti avranno necessità di servirsi di foto da utilizzare per presentazioni didattiche, ma ciò non toglie che si possono creare slide e presentazioni che potranno dare maggiore risalto all’aspetto pubblicitario del proprio lavoro. Ma facciamo chiarezza su questo punto: presentare un caso su un monitor di computer o anche su una TV di 40 – 50” ha una valenza, mentre farlo su uno schermo gigante utilizzando ad esempio un proiettore in una sala conferenze ne ha un’altra. Quindi se si devono documentare i propri casi per archivio ed eventualmente per pubblicità su social network potrebbe bastare un’ attrezzatura non necessariamente di ultima generazione, mentre invece se bisogna presentare la documentazione fotografica in corsi di formazione o conferenze è sicuramente più vantaggioso dotarsi di mezzi di ultima generazione, in modo da poter ottimizzare la qualità degli scatti.

Profondità di campo nella fotografia in laboratorio odontotecnico
In questa sede non mi dilungherò volutamente su tecnicismi più o meno utili in quanto sono tanti e troppi gli aspetti da valutare, ma c’è un dato tecnico che non può essere sottaciuto, tanto più che in ambito dentale, cioè la profondità di campo che, negli scatti da protocollo, deve essere sempre la massima possibile. Per profondità di campo si intende “la zona in cui gli oggetti nell’immagine appaiono ancora nitidi e sufficientemente focalizzati”, (fig. 3) quindi in presenza di bassa profondità di campo avremo il cosiddetto “sfocamento dell’immagine”, mentre al contrario (con maggiore profondità di campo) il soggetto fotografato sarà totalmente a fuoco.

Questo aspetto è talmente importante nella fotografia dentale, sia essa odontoiatrica che odontotecnica, che si sente spesso parlare di “scattare in modalità a priorità di profondità di campo”. Per protocollo o comunque per avere una corretta documentazione scientifica c’è bisogno di avere tutto il soggetto a fuoco, quindi è necessaria una profondità di campo elevata. Essa è influenzata da tre fattori:

1. Apertura di diaframma: più il diaframma è chiuso maggiore sarà la profondità di campo; (figg. 5a – 5b – 5c – 5d – 5e – 5f).

2. Lunghezza focale dell’obiettivo: più la lunghezza focale è elevata minore sarà la profondità di campo (es. un obiettivo con lunghezza focale 50 mm avrà una maggiore profondità di campo rispetto ad uno con lunghezza focale 105 mm) (Fig. 6)

3. Distanza dal soggetto: più ci allontaniamo dal soggetto maggiore sarà la profondità di campo(Fig. 7)

Fig. 7: Immagine di esempio del cambio di profondità di campo in base alla distanza dal soggetto

Tutto questo fa capire che cercare di trovare un giusto compromesso tra i lati negativi che influenzano la profondità di campo, nell’ambito dentale, cioè la distanza ravvicinata del soggetto e l’obiettivo con una lunghezza focale elevata non è di facile gestione. In tutti i casi e in tutte le situazioni in cui ci troveremo ad affrontare questo problema potremo ricorrere all’aiuto che potrà fornirci l’illuminazione, la quale potrà, se usata in modo corretto, enfatizzare efficacemente i particolari dei soggetti fotografati. In questo caso posso asserire che si può fotografare un lavoro particolarmente ben fatto in modo negativo e quindi rovinarlo, ma al contrario è possibile fotografare in modo perfetto ed enfatico un lavoro mal riuscito e avere dei risultati ottimi.
La fotografia in laboratorio ha un vantaggio: il soggetto inanimato che usando un box (anche artigianale) ben costruito potrà ricevere una luce omogenea e ben studiata (Figg. 8a e 8b).

In questo caso, però, assume una notevole importanza l’uso e la gestione dell’illuminazione al suo interno. Potremo utilizzare luci di diverse caratteristiche: continue, flash, dirette o diffuse. Usando una luce diffusa il soggetto verrà colpito da una luce molto omogenea e morbida e avrà un addolcimento della colorazione mentre fotografando con una luce diretta sul soggetto esso potrà avere un contrasto di colore maggiore. Non è possibile, secondo me, utilizzare una unica modalità di gestione della luce, ma sarà necessario utilizzare luci che possono variare la potenza e la posizione, per poi, attraverso varie prove, arrivare a previsualizzare la fotografia e la sua relativa luce ancor prima di scattarla.
Nell’uso del box è poi importante anche lo sfondo da utilizzare, in quanto esso influenzerà non poco il risultato finale della foto. Uno sfondo bianco, nero o grigio potrebbe essere considerato neutro in quanto non crea sul soggetto fastidiosi riflessi di colore, ma il bianco potrebbe avere anche un altro compito molto importante: riflettere la luce creando l’effetto di una “scatola immersa nella luce”, detta comunemente Lightbox. Quando si fotografano particolari di metallo o soggetti molto riflettenti è il caso di usare uno sfondo bianco in quanto il soggetto fungerà da specchio e uno sfondo nero o di altro colore sarebbe visibile al suo interno. Scattare all’interno di un box, inoltre, è importante per ottenere una luce uniforme su tutto il soggetto, specialmente sui bordi e sui contorni, tanto da farlo apparire “staccato nettamente dallo sfondo” in modo da renderlo “scontornabile” dopo lo scatto. Scontornare significa eliminare lo sfondo dalla fotografia, e questa operazione risulterà tanto più semplice e veloce quanto più la foto sarà stata ben fatta e gestita, infatti utilizzando un software di fotoritocco si evidenzierà lo sfondo rendendolo di un colore unico (es. nero), poi si trasporterà il tutto su un programma di presentazioni come ad esempio Microsoft Office Power Point o Apple Keynote, che attraverso i comandi ‘Imposta Colore Trasparente’ per il primo e ‘Alfa’ per il secondo, renderà lo sfondo trasparente.

Certamente la fotografia in laboratorio per il neofita sarà complicata e comunque necessiterà di tempo prima che possa dare dei risultati accettabili, ma questo non dovrà scoraggiare più di tanto perché, richiamando una celebre frase di Thomas Edison che recita: “Non mi scoraggio perché ogni tentativo sbagliato è un altro passo avanti”, scattando con attenzione e cercando ad ogni scatto di trovare nuove idee per ottenere immagini sempre migliori, si potrà trasformare il timore iniziale nel piacere della scoperta di un mondo nuovo che potrà sicuramente riservare delle sorprese molto entusiasmanti.

Ringraziamenti:
Si ringrazia il Dr. Alessio Casucci e l’Odt. Alessandro Ielasi per il loro continuo appoggio. L’Odt. Luigi Ciccarelli, l’Odt. Ciro Simonetti e la Merz Dental per avermi dato la possibilità di fotografare lavori e denti.

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Canon EOS 1D X

Canon EOS 1D X

La Canon EOS 1D X è una fotocamera reflex digitale professionale annunciata il 18 Ottobre 2011. È la successiva ammiraglia della Canon EOS 1Ds Mark III e della Canon EOS 1D Mark IV. In vendita dal Marzo 2012 ad un prezzo di 7.000 dollari solo corpo.

Il sistema AutoFocus è stato migliorato ed ha avuto un aumento dei punti di messa a fuoco a 61 con possibilità di scegliere il punto singolo.

Sono stati migliorati anche i comportamenti in scarsa luminosità.

Il sensore è un Full Frame da 18,1 MegaPixel con possibilità di acquisizione video in Full HD 1080p.

La sensibilità ISO può essere impostata in modo automatico o con una estensione che va da 50 a 204.800.

La velocità di scatto a raffica è di 12 fotogrammi al secondo in formato RAW e 14 in formato JPG.

Si può utilizzare la fotocamera con uno scatto remoto wireless, opzionale (Canon WFT-E6A), consentendo ad un dispositivo esterno di controllare la fotocamera in remoto. Il dispositivo Canon WFT-E6A consente anche, attraverso segnale Bluetooth, di incorporare dati GPS nel file.

Come tutte le fotocamere reflex digitali professionali di Canon anche la EOS 1D X ha il corpo interamente tropicalizzato.

Caratteristiche:
Sensore: Full Frame 18,1 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 50 a 204800 (possibilità di ISO Auto)
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000
File: RAW e JPG – Video in Full HD 1080p
Flash non incorporato
Schermo da 3,2 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria due alloggiamenti Compact Flash
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 158x164x83mm – Peso: 1545g

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Canon EOS 1D Mark IV

Canon EOS 1D Mark IV

La Canon EOS 1D Mark IV è una fotocamera reflex digitale professionale presentata dalla Canon il 20 Ottobre 2009.

Questa fotocamera è la sorella maggiore della EOS 1D Mark III e tra le varie novità quella più importante è la possibilità di fare video con la risoluzione di 1080p quindi in Full HD. Infatti la Canon EOS 1D Mark IV è la prima fotocamera Canon con sensore APS-H con possibilità di fare video.

L’anno precedente fu messa in commercio la Canon EOS 1D X con sensore Full Frame.

Rimane il corpo interamente tropicalizzato con 76 guarnizioni.

Il sistema AutoFocus è stato migliorato sulla sensibilità ed ha 45 punti di messa a fuoco di cui 39 a croce selezionabili.

La sensibilità ISO è stata portata ad un massimo di 12800 con possibilità di estenderla fino da minimo 50 a 102400.

È stata implementata anche la possibilità di salvare file in formato RAW anche ridotto (M-RAW con file da 9 Mpx e S RAW 4 Mpx).

Aumentata anche la velocità di scatti a raffica e si arriva a 28 foto in RAW e 121 in Jpg.

Proprio perché la Canon EOS 1D Mark IV può registrare video è stata equipaggiata di una porta HDMI per collegamenti a sistemi di video esterni.

I tempi di scatto vanno da un minimo di 30 secondi a 1/8000s con l’aggiunta anche della posa B.

Caratteristiche:
Sensore: APS-H (28×18,6mm – fattore di crop 1,3) 16,1 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 100 a 12800 (possibilità via software di portarla a 50 fino a 102400)
File: RAW (N e S) + JPG
Registrazione Video in Full HD 1080p
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000 e Posa B
Flash non incorporato
Schermo da 3 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria Compact Flash e un secondo slot con SD – SDHC
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 156x157x80mm – Peso: 1230g

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Canon EOS 1D Mark III

Canon EOS 1D Mark III

La Canon EOS 1D Mark III è una fotocamera reflex digitale professionale presentata dalla Canon il 22 Febbraio 2007 e distribuita ad Aprile. È stata premiata dal TIPA (un premio annuale come migliore fotocamera al Mondo) nel 2007 come migliore fotocamera reflex professionale.

Come tutte le reflex professionali ha il corpo interamente tropicalizzato (76 guarnizioni che rendono completamente stagno l’interno), così da poter avere una garanzia di uso che va tra 0 e più 45 °C.

In questa fotocamera si iniziano ad inserire le personalizzazioni, infatti ha 57 funzioni personalizzate divise in 4 categorie. Queste funzioni possono essere personalizzate in base alla scena da fotografare, certo tutto questo ha bisogno di conoscere bene la fotocamera.

Il sistema di AutoFocus è rinnovato e diverso dalle altre fotocamere della Canon, 45 punti divisi in 19 a croce selezionabili dall’utente (tramite ghiere o multicontroller).

La Canon EOS 1D Mark III ha anche una funzione (AF AI Servo) che permette il blocco della messa a fuoco su un soggetto e poi viene seguito nei suoi movimentiI. Per esempio un nuotatore che va sott’acqua e riemerge per respirare (stile rana). In questo esempio l’autofocus “attenderà” che il nuotatore riemerga senza cercare di mettere a fuoco l’acqua.

Caratteristiche:
Sensore: APS-H (28×18,6mm – fattore di crop 1,3) 10,1 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 50 a 6400
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000
Flash non incorporato
Schermo da 3 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria Compact Flash e un secondo slot con SD – SDHC
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 156x157x80mm – Peso: 1335g

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Canon EOS 1D Mark II

Canon EOS 1D Mark II

La Canon EOS 1D Mark II è una fotocamera reflex digitale professionale presentata dalla Canon il 9 Gennaio 2004.

É stata la fotocamera ammiraglia, della famiglia Canon, fino ad Agosto 2005 quando viene presentata una versione aggiornata denominata EOS 1D Mark II N. Successivamente nel 2007 entra sul mercato il modello Mark III.


Il sensore è un CMOS, in formato APS-H, da 8 MegaPixel e come tutti i modelli di punta ha il corpo totalmente tropicalizzato. Questo modello è l’ultimo costruito sul corpo (progetto) EOS 1 perché poi la Mark III sarà completamente ridisegnata.

Caratteristiche:
Sensore: APS-H (28×18,6mm – fattore di crop 1,3) 8,2 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 50 a 3200
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000
Flash non incorporato
Schermo da 2 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria Compact Flash e un secondo slot con SD
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 156x158x80mm – Peso: 1570g

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Canon EOS 1Ds Mark III

La Canon EOS 1Ds Mark III è una fotocamera reflex digitale professionale presentata il 20 Agosto 2007 ma disponibile sul mercato da Ottobre 2007. Sostituisce la Canon EOS 1Ds Mark II ed è equipaggiata da un sensore Full Frame da 21,1 MegaPixel.

In questa fotocamera entra in gioco un’altra particolare caratteristica, che sarà uno standard successivamente, il “Live View”. Questo sistema permette, attraverso l’apertura dello specchio, la possibilità di visualizzare la scena sullo schermo posteriore e quindi di utilizzarlo come se fosse un mirino. Quando è attivata questa funzione il mirino si oscura, proprio perché il funzionamento delle fotocamere reflex prevede che lo specchio rifletta verso il pentaprisma e poi al mirino quello che stiamo inquadrando.

La Canon EOS 1Ds Mark III, come quasi tutte le fotocamere professionali, ha un corpo totalmente tropicalizzato (resistente agli agenti atmosferici).


Rispetto alla sorella minore la EOS 1Ds Mark II la Mark III ha una maggiore qualità e risoluzione di immagine ma perde sulla velocità di scatto a raffica, infatti per questo è più adatta a fotografie da studio senza necessità di scatti sequenziali. Ha un sistema di messa a fuoco con 63 zone e 19 punti a croce, uno schermo da 3,0” e il sistema di pulizia del sensore.

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Caratteristiche:
Sensore: CMOS Full Frame 21,1 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 50 a 3200
File: RAW + sRAW + JPG
Velocità di scatto: da 30sec a 1/8000
Flash non incorporato
Schermo da 2 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria Compact Flash – SD e SDHC (due slot separati)
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 150x160x80mm – Peso: 1385g

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Canon EOS 1Ds Mark II

Canon EOS 1Ds Mark II

La Canon EOS 1Ds Mark II è una fotocamera reflex digitale professionale progettata dalla Canon e messa in commercio il 21 Settembre 2004.

Ha sostituito la EOS 1Ds ed è stata la ammiraglia della famiglia Canon fino al 2007.

Il sensore, della Canon EOS 1Ds Mark II, è un CMOS in formato Full Frame da 16,7 MegaPixel. Al momento della sua messa sul mercato la EOS 1Ds Mark II era la fotocamera reflex con il più alto numero di Pixel e la più alta risoluzione sul mercato.

Aveva il corpo completamente tropicalizzato e un sistema di Autofocus con 51 punti di messa a fuoco, un display a colori da 2” e il mirino ottico con copertura del 100%.

Caratteristiche:
Sensore: CMOS Full Frame 16,7 MegaPixel
Sensibilità ISO: da 50 a 3200
File: RAW + JPG
Velocità di scatto: da 30sec a 1/16000
Flash non incorporato
Schermo da 2 pollici
Mirino ottico con copertura del 100%
Memoria Compact Flash e SD (due slot separati)
Batteria ricaricabile
Corpo tropicalizzato
Dimensioni: (LxAxP): 156x158x80mm – Peso: 1570g

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