Dimensione dei sensori
La dimensione dei sensori fotografici varia secondo l’utilizzo e il costo. Ho descritto in un altro articolo il funzionamento del sensore fotografico, che potete trovare a questo link.
Ora, invece, mi dedicherò ad affrontare il concetto della dimensione dei diversi tipi di sensori presenti sul mercato.
Quando si parla di sensore si pensa subito alla qualità di immagine che si può ottenere. Bisogna però considerare che a parità di MegaPixel (milioni di fotodiodi presenti nel sensore), in un sensore di dimensioni maggiori questi saranno più grandi e meglio organizzati e, di conseguenza, si avrà una qualità dell’immagine superiore. Questo permette di avere non solo una maggiore nitidezza ma anche un miglior comportamento con sensibilità ISO più alte abbassando, quindi, il rumore digitale.
Chi è “diversamente giovane” ricorderà le vecchie pellicole che avevano diverse dimensioni. Si usava il formato standard da 35mm (24x36mm), che era il più utilizzato. Poi c’era il medio formato, con pellicole che avevano una dimensione di 6×6 cm, 6×7 cm., o addirittura il grande formato con pellicole di dimensioni 10x12cm, 12x17cm., ecc. La prima motivazione nella scelta tra un formato piuttosto che un altro era il prezzo, in quanto una fotocamera che utilizzava un medio formato costava molto rispetto ad una 35mm e quindi era appannaggio di applicazioni professionali. Ma per ora tralasciamo le caratteristiche delle pellicole e la fotografia analogica, a cui ho solo fatto riferimento per avere un termine di paragone da cui iniziare per trattare questo argomento.
Paradossalmente si parla dei sensori con grandezza Full Frame (pieno formato), che hanno una dimensione di 35mm (24×36), che nelle fotocamere con pellicola era definito “piccolo formato”. La dimensione del sensore è diventata però determinante nella scelta della fotocamera da acquistare per le nostre esigenze.
Inoltre la dimensione del sensore implica una differenza di gestione della profondità di campo, della sensibilità ISO e della qualità di immagine. Per quanto riguarda la profondità di campo possiamo evidenziare che, a parità di diaframma utilizzato, con un sensore di maggiori dimensioni avremo una minore profondità di campo (quindi più sfuocato). Ciò significa che la profondità di campo è inversamente proporzionale alla dimensione del sensore. Ho già trattato, poi, in un precedente articolo (che potrete trovare a questo link) il fenomeno della diffrazione, che è un problema legato all’ottica e che provoca un decadimento della qualità della scena fotografata in conseguenza del percorso della luce che attraversa il diaframma e varia con il variare del valore di apertura dello stesso. Va però considerato che la diffrazione è comunque presente, sia che utilizziamo un diaframma molto chiuso piuttosto che molto aperto e determinerà un deterioramento di immagine, per cui per ottenere la qualità massima dovremo utilizzare una apertura di diaframma media, e che un diaframma medio, nelle fotocamere con sensore Full Frame, è tra f8 e f11, quindi per avere la massima qualità dovremo utilizzare una tra queste aperture: f8 – f9 o f11.
Ma non dobbiamo tralasciare la profondità di campo, che è la parte di scena che risulta a fuoco tra il soggetto principale e gli altri elementi presenti, e che anch’essa varia con il variare dell’apertura del diaframma. Infatti più il diaframma sarà aperto (f2.8 ad esempio) più il soggetto principale risulterà a fuoco e i soggetti posti a distanze diverse risulteranno sfuocati. Quindi, se siamo abbastanza vicini, con un diaframma medio ci troveremo uno sfuocato dietro il soggetto principale (come nell’immagine seguente).
Per quanto riguarda poi la dimensione del sensore, anche questa determina diversi effetti. Con un sensore Full Frame, infatti, avremo il problema della diffrazione oltre l’apertura di f11, mentre con un sensore di formato più piccolo (ad esempio APS-C) lo troveremo già dopo f8 e con un sensore ancora più piccolo (ad esempio un micro 4/3) lo troveremo addirittura già dopo f5.6. Faccio un esempio pratico: foto al volto volendo avere la massima qualità di immagine e con uno sfuocato “artistico” alle spalle del soggetto. Utilizzando con un sensore Full Frame un valore f11, con un sensore APS-C invece un f8 o f9 e con una 4/3 (o micro 4/3) un f5.6 il risultato sarà lo stesso in termini di profondità di campo (sfuocato dietro il soggetto) e avremo la massima qualità di immagine possibile per quella dimensione di sensore.
Per quanto riguarda la sensibilità ISO dobbiamo nuovamente far riferimento alle pellicole. Semplificando molto il concetto possiamo dire che le pellicole fotografiche sono fatte da grani d’argento e che più sono piccoli più bassa sarà la loro sensibilità alla luce, per cui non si potranno utilizzare in condizioni di luce scarsa. Infatti, ad esempio, una pellicola ASA 100 va bene con una buona illuminazione ma non per foto con poca luce. Quindi bisognerebbe utilizzare una pellicola con ASA (ad esempio) 400 che avrà i grani più grandi e quindi più sensibilità alla luce. Questo però comporta un effetto granuloso nella fotografia, che in analogico era spesso ricercato perché ritenuto artistico.
Tutto questo ragionamento lo possiamo riportare sulla grandezza dei sensori. Quindi se abbiamo un sensore di più grande dimensione i Pixel possono essere anche più grandi e quindi il comportamento alle alte sensibilità donerà un minore “rumore digitale” (che è un problema analogo alla grana in analogico).
Spero che questo articolo abbia fatto un po’ di chiarezza sulla dimensione dei sensori. Ma, poiché tutto il sito è sviluppato Work in Progress, sicuramente ci saranno ulteriori aggiornamenti.
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