Robert Doisneau autoritratto

Robert Doisneau

Robert Doisneau nasce a Gentily, un sobborgo di Parigi, nel 1912.
Nel 1929 inizia a lavorare con la fotografia presso il fotografo Andrè Vigneau per poi passare, negli anni 30, come fotografo per la Renault.
La Seconda Guerra Mondiale fa fermare la sua attività di fotografo ed entra a far parte della resistenza dove inizia a falsificare documenti, vista la sua esperienza come litografo.
Dopo la guerra ricomincia la sua attività di fotografo facendo anche diversi reportage per la rivista Vogue. Nel 1949 pubblica il suo primo libro fotografico “La Banlieu de Paris” con immagini di Parigi e della vita quotidiana parigina.
Nel suo lavoro si è dedicato molto alla documentazione della vita quotidiana parigina tanto da essere riuscito, più di altri, a raccontare lo stile di vita francese ed è stato considerato “il poeta della street photography”.
Insieme a Henri Cartier-Bresson è uno dei fondatori del fotogiornalismo di strada e anche uno degli esponenti di punta della “fotografia umanistica”.
Lui riassume la visone del mondo e della fotografia con queste parole:”Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere”.
Muore a Parigi il 1 Aprile del 1994.

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Caio Mario Garrubba

Caio Mario Garrubba

Caio Mario Garrubba è nato a Napoli il 19 Dicembre 1923 ed è morto a Spoleto il 3 Maggio 2015.

È considerato uno dei massimi esponenti della fotografia italiana ed è noto come “il fotografo del comunismo della speranza”.
Frequenta, a Napoli e a Roma, le facoltà di Medicina e Filosofia che lascia nel 1947 per dedicarsi al giornalismo sindacale fino al 1951.


Parte per la Spagna nel 1952 dove scatta le sue prime fotografie che vengono pubblicate sulla rivista Il Mondo.
Si dedica alla fotografia documentando la vita e le realtà del Sud Italia.


Negli anni ’50 fu fondamentale l’incontro con un fotoreporter, Plinio De Martilis, con cui detterò vita ad una cooperativa di fotografi che prendeva come modello quello della Magnum Photos fungendo da agenzia fotografica internazionale. Con loro si consolidò un gruppo di fotografi che divenne poi famoso con il nome di “scuola romana”.


Nel 1953 inizia una intensa attività fotografica nel campo del fotogiornalismo (e smetterà nel 1990) dopo aver lasciato l’Università e mentre incominciava ad impegnarsi politicamente nel partito comunista collaborando con i giornali del suo sindacato CGIL.


Viaggia in Cina come inviato del settimanale “Vie Nuove”. Nella Cina di Maio Zetong nel 1959 fa un grande reportage e diventa l’unico fotoreporter occidentale in Cina dopo Henri Cartier-Bresson.
Nel 1990 cessa la sua attività di fotoreporter perché, dichiarò durante un’intervista, “mi sono stancato”.
Ha 91 anni Garrubba muore a Spoleto dove risiedeva già da tempo.

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Elliott Erwitt

Elliott Erwitt

Elliott Erwitt nasce a Parigi nel 1928 da genitori ebrei di origini russe. Passò la sua infanzia a Milano fino al 1939 poiché si trasferisce negli Stati Uniti con la famiglia per fuggire alle leggi razziali.

Nei suoi lavori riesce a cogliere nella quotidianità una certa ironia con accostamenti paradossali ma che allo stesso tempo riesce a mostrare gli spaccati seri della società. Spesso fotografa cani, o situazioni in cui ci sono, non perché, a detta sua, gli piacessero particolarmente ma perché hanno un atteggiamento naturale e irriverente che è proprio perfetto al suo scopo di documentazione ironica.

Trascorre la sua adolescenza ad Hollywood dove inizia ben presto a lavorare nella camera oscura di uno studio fotografico per poi iscriversi ad un corso di fotografia al Los Angeles City College. Continua gli studi ma in cinema alla New School of Social Research di New York.
La sua fedele fotocamera era una Rolleiflex che lo accompagna anche in Italia e in Francia.


A New York conosce Robert Capa, Edward Steichen e Roy Stryker e la sua carriera prende una svolta. Entra a far parte della Agenzia Magnum nel 1953 collaborando anche con riviste prestigiose come Life. Diventò, alla fine degli anni 60, anche presidente per tre anni della Agenzia Magnum.
Elliott Erwitt cerca di immortalare l’ironia legata alla popolazione più che le problematiche così da dare uno sguardo diverso dal solito sulla vita quotidiana.

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Henri Cartier Bresson

Henri Cartier-Bresson

Henri Cartier-Bresson è nato a Chanteloup-en-Brie il 22 Agosto 1908 ed è morto a Monjustin il 3 Agosto del 2004 all’età di 94 anni. È considerato il pioniere del fotogiornalismo ed è stato appellato come l’”occhio del secolo”. È stato uno dei più importanti esponenti della cosiddetta fotografia umanistica.

Grazie allo Zio Luis è attratto fin da piccolo dalla pittura infatti studia con Jacques-Émile Blanche e André Lhote che gli faranno conoscere i grandi Surrealisti Francesi.

Nel 1930, in un viaggio in Costa d’Avorio, rimane colpito da una fotografia di Martin Munkacsi. Questo accadimento c’è lo racconta proprio lui: “è stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l’obiettivo”.
Dopo poco comprerà una Leica 35mm con un obiettivo da 50mm che lo accompagnerà per molti anni. Prima di questa ebbe altre tre fotocamere: una Kodak Brownie, una grande formato e 35mm difettosa acquistata in Costa d’Avorio).


Henri Cartier-Bresson si dedica anche al cinema e tra il 1936 e 1937. Il primo incarico è come assistente al regista Jean Renoir nel film “La vita è nostra”, un film dove si evidenzia una predominanza politica del Fronte Popolare. Invece nel ’37 firma il film “Return to Life (Victoire de la vie)”.
In questi anni conosce David Szymin, un fotografo e intellettuale polacco, che più tardi cambierà nome in David Seymour (1911–1956). Sarà Szymin a presentare al giovane Bresson un fotografo ungherese, Endré Friedmann, che verrà poi ricordato col nome di Robert Capa.
Durante la Seconda guerra mondiale viene catturato e spedito in un campo di prigionia in Germania, evade e fa ritorno a Parigi dove collabora con la Resistenza francese.


Finita la guerra, ritorna al cinema e dirige il film Le Retour, un documentario che mostra il ritorno in patria dei prigionieri di guerra e dei deportati. Nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra “postuma”, credendolo morto in guerra. Bresson si mette in contatto con il museo dedicando oltre un anno alla preparazione. La mostra viene inaugurata nel 1947.
Nello stesso anno fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert la famosa Agenzia Magnum.

Ogni artista della Agenzia Magnum si dedica ad un progetto e decide di intraprendere viaggi in tutto il Mondo. Henri Cartier-Bresson sceglie l’Oriente e dal 1948 viaggia in India, Indonesia, Cina, Birmania e Giappone.

Henri Cartier-Bresson capisce che fotografare significa cogliere l’attimo dell’azione e infatti lo chiama “Teoria dell’attimo decisivo”. In questa teoria lui dice che il fotografo deve cogliere l’attimo della azione come se si stesse svegliando e le immagini possano mostrare come il mondo si stesse organizzando in tanti attimi precisi. Un suo pensiero recita: “Fotografare è trattenere il respiro quando le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l’immagine catturata diviene una grande gioia fisica e intellettuale. Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere”.
All’età di 60 anni (nel 1968) inizia pian piano a rallentare la sua attività fotografica a parte i ritratti.
Nel 2000, insieme alla moglie e alla figlia, crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson. Questa fondazione ha lo scopo di raccogliere le sue opere e di creare uno spazio di esposizione per gli artisti.

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