Diffrazione

La diffrazione è una problematica della fotografia conosciuta già dagli albori. Si riferisce al percorso della luce che entra all’interno dell’obiettivo che trova lungo il suo percorso il diaframma.

La diffrazione ha questa caratteristica: il raggio luminoso attraversa l’obiettivo e arrivando al materiale fotosensibile (pellicola o sensore) incontra sulla sua strada il diaframma che se è di diametro totalmente chiuso crea un effetto ventaglio o comunque di variazione della direzione dei raggi. Questo provoca una fotografia con una qualità bassa e per poter avere un’immagine con una massima qualità bisognerà utilizzare un’apertura del diaframma medio.

Tutti gli obiettivi hanno una piccola, media e grande apertura e tutti nella apertura media hanno i valori uguali cioè tra f8 e f11. Per poter avere il massimo della qualità di quell’obiettivo, quindi, è consigliabile utilizzare un diaframma medio e per comodità utilizziamo f9. Il problema di questa scelta della apertura è direttamente collegato alla profondità di campo (di cui ho approfonditamente parlato in questo articolo). Riepilogando sappiamo che con diaframma aperto si ha il soggetto principale a fuoco e il restante sfocato e il contrario con un diaframma chiuso.

Quindi sapendo che esiste la diffrazione bisogna avere le nozioni tecniche fondamentali per capire come e quando utilizzare un diaframma medio. Non è sempre necessario cercare la qualità massima della fotografia e quindi l’utilizzo e la comprensione della apertura del diaframma è di cruciale importanza.

Numerosi testi di fotografia hanno trattato questo argomento ma ne prendo uno come esempio (Il Manuale del Fotografo di John Hedgecoe – Arnoldo Mondadori Editore del 1978) che recita: “Direzione secondo cui le onde luminose sono costrette a deviare o subiscono un effetto di diffusione, per essere costrette ad attraversare una stretta fessura (diaframma) o per essere contigue ad una superficie opaca. La diffrazione diminuisce la qualità dell’immagine e si verifica quando l’obiettivo è regolato su un’apertura minima, ad esempio f/45. Le foto migliori si ottengono a metà strada, con la gamma di aperture alle quali si bilanciano le aberrazioni e non si è ancora presentata la diffrazione”.

Rispetto alla grandezza del sensore devo aprire una parentesi perchè l’utilizzo del diaframma, medio nelle fotocamere con sensore Full Frame, è tra f8 e f11, quindi per avere una massima qualità di immagine dobbiamo utilizzare una tra queste aperture (f8 – f9 – f11). Ma ricordiamo che la profondità di campo, che è quanto si vede a fuoco tra il soggetto principale e gli altri presenti nella scena, varia secondo l’apertura del diaframma. Più è aperto (f2.8 ad esempio) più il soggetto principale risulterà a fuoco e i soggetti posti a distanze diverse risulteranno sfuocati. Quindi se siamo abbastanza vicini al soggetto, con un diaframma medio, ci troveremo uno sfuocato dietro il soggetto principale (come nell’immagine seguente).

Per quanto riguarda la dimensione del sensore anche questo concetto cambia. Con un sensore Full Frame troveremo il problema della diffrazione già oltre l’apertura di f11, con un sensore con formato più piccolo (ad esempio APS-C) lo troveremo già dopo f8 e con un sensore ancora più piccolo (ad esempio un micro 4/3) lo troveremo già dopo f5.6. Faccio un esempio pratico: foto al volto volendo avere la massima qualità di immagine e con uno sfuocato “artistico” alle spalle del soggetto, con un sensore Full Frame posso utilizzare un f11, con un sensore APS-C posso utilizzare un f8 o f9 e con una 4/3 (o micro 4/3) utilizzo un f5.6. Il risultato sarà lo stesso in termini di profondità di campo (sfuocato dietro il soggetto) e avremo la massima qualità di immagine possibile per quella dimensione di sensore.


Di seguito vedete tre immagini di uno stesso soggetto ma con tre diaframmi diversi: f2.8 – f9 e f32. A grandezza normale non sembra che ci sia differenza ma andando nel particolare si evince la maggiore nitidezza (qualità) del diaframma f9.

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